Si parla e si scrive molto sui cosiddetti “ Handicappati”: una parola oramai inflazionata, senza che la maggior parte della gente comprenda a chi si riferisca, se non che generalizzando confusamente tra le esigenze o i bisogni reali dell’uno e dell’altro portatore di Handicap.
Sono cosciente di “toccare” una tematica complessa, non di facile soluzione, ma che ha tanto bisogno di vivaci apporti culturali e di spinte coraggiose provenienti soprattutto dai protagonisti. C’è, quindi, la necessità di “smascherare” una realtà dannosa, fatta passare per socializzante ma che forse non lo è. E per giungere a questo dobbiamo conoscere il Pre-giudizio delle persone che vivono nel mondo dei soggetti con bisogni speciali, e de-strutturare, per poi ristrutturare fino a formare un nuovo Giudizio ( positivo ).
Si deduce che la genesi del pre-giudizio del cosiddetto normale, nei confronti dell’handicappato, dipenda dalle seguenti motivazioni: a) Psicologiche, b) Culturali e d’Informazione.
a) Psicologiche, quando un individuo normale, che non sia riuscito a conseguire una meta gratificante nella società dei pari, finisce per credere o riporre nell’immagine del soggetto con bisogni speciali il fallimento della propria esistenza. L’handicappato diventa perciò lo specchio del fallimento del normale nella riflessione sull’handicap dell’handicappato, e, questo, con ancora più disonore perché, il suo “handicap” è la conseguenza delle proprie incapacità volitive o intellettuali; da qui il pre-giudizio negativo sul disabile che non è altro che il “ rifiuto” della propria persona. Tali forme di pregiudizio sono una continua fonte di frustrazione perché gli individui coinvolti sono di fronte a barriere psicologiche personali che ne ostacolano la realizzazione e sono in un continuum conflitto per cui, non potendo dirigersi verso l’agente di frustrazione ( famiglia, lavoro, partner, ecc ) vengono, i pregiudizi, “ spostati sui soggetti più deboli ( bambini, handicappati, anziani…) e da qui il giudizio negativo su di loro.
b) Culturali, nel senso che chi ha un pregiudizio crede in tutto cip che gli viene detto sui soggetti con bisogni speciali, soffermando l’attenzione soprattutto sugli aspetti negativi. I pregiudizi culturali si fondano sull’etichettazione degli individui. In questi ultimi anni si è tentato di modificare molti termini indicanti gli handicappati, giungendo ad un etichettazione, che non riguarda l’intera persona ma solo “la parte” lesa della persona.
c) Informazione, molte persone vivono a contatto con persone che hanno problemi fisici o sensoriali o psichici o mentali senza conoscerle, ripetendo gli errori di etichettazione, senza andare oltre. Andare oltre significa avere la pazienza di comunicare direttamente con i soggetti handicappati e, quando ciò non sarà possibile, con chi è portatore di valide esperienze di handicap attraverso la ricerca, gli studi e le vittorie conseguite. La persona ( qualsiasi persona ) deve essere conosciuta perché non sorga ostilità verso di essa.
L’handicap è un deficit fisico, psichico e sensoriale che spesso non può essere eliminato ne mitigato con la riabilitazione. Il pregiudizio dei cosiddetti normali sul soggetto con handicap può rientrare in un’ottica di educazione socio-sanitaria-speciale. Il pregiudizio, dunque, deve essere sradicato con la promozione di una cultura dell’handicap illuminanteche deve partire dalla scuola, con la risposta degli specialisti alle interrogazioni dei giovani e della gente sui problemi suscitati dai soggetti con bisogni speciali e con l’apporto delle esperienze del vissuto ( attraverso incontri , studi, seminari, ecc,ecc.) accanto allo svantaggiato.
Una società moderna, democratica e civile non deve permettersi di convivere con i giudizi deleteri nel terzo millennio Quando si parla di handicappati, si tende a generalizzare per renderlo meno invadente e problematico alla comunità dei normali. Cosicché si parla spesso del Docente di Sostegno, evitando di parlare della specificità dell’insegnante per lo specifico handicap.
Il pregiudizio porta a trattare e considerare i soggetti con bisogni speciali non come individui che sono con noi nella società, ma come entità oggettive esterne al loro esistere nel e del quotidiano. Infatti assistiamo ad una terminologia e fraseologia fondate sul distacco e la freddezza dei rapporti: :<< i portatori di handicap >>, << il mondo dell’handicappato >>, << le problematiche degli handicappati >>, << la realtà dell’handicappato >>, << la socializzazione dell’handicappato >>, e cos’ via. Chi si accanisce contro un soggetto con bisogni speciali, esternando i pregiudizi in esso presenti, non sarà in grado di discernere nemmeno nel proprio gruppo ciò che è valido o no?