lunedì 6 agosto 2007

EDUCARE OLTRE IL PREGIUDIZIO

Educare è un mestiere “DIFFICILE”!!! E se durante il cammino ci si imbatte in soggetti con Handicap ? Ma cosa vuol dire “Handicap”? Il termine handicap deriva dall’inglese, significa: attribuire ai concorrenti vantaggi o svantaggi differenziati a seconda delle loro capacità, per far si che tutti siano sullo stesso piano “ SIMMETRIA”. L’Handicap può essere connaturato, se connesso a qualche deficit o patologia; indotto, se connesso a variabili di tipo ambientale.
Ma cosa accade nel momento esatto in cui ci si viene a trovare a contatto sia Diretto che indiretto con soggetti che richiedono bisogni speciali? Quale il primo sintomo che si prova? La maggior parte delle persone ha risposto “ Blocco”. Si un blocco, ma questo blocco da cosa ha origine? La radice del blocco va estrapolata dal “Pregiudizio”. Il termine Pre-giudizio indica un giudizio anticipato: giudicare qualcosa o qualcuno prima del tempo, prima di conoscere bene la cosa o la persona. Il pregiudizio è un potere agito-subito. Chi lo agisce, lo subisce nei termini di una riduzione della possibilità di comprensione della realtà. La potenza del Pregiudizio sta proprio nel fatto di creare un limite attivo e passivo. Analizzare il Pregiudizio sta nella riflessione etica riguardante il “ dover essere” dell’Io, del tu e della realtà. Per quanto esista anche il pregiudizio favorevole, in genere, al massimo livello, si ha sempre la tendenza a considerare in modo ingiustificatamente negativo e sfavorevole le persone di una certo gruppo sociale. Allora la domanda nasce spontanea: quali prospettive per soggetti con bisogni speciali nel campo dell’educazione? La prospettiva è data dal punto di vista che l’osservatore ha della realtà; ed è da essa che assume significato la scelta dell’azione educativa che verrà compiuta. Anche la ricerca per individuare un antidoto al pregiudizio comporta per il ricercatore di assumere una qualsiasi prospettiva come propria. Ma potrebbe esserci il rischi che la stessa prospettiva da assumere per l’abbattimento del pregiudizio possa rivelarsi pregiudiziale e quindi rendere l’azione educativa inefficace. L’Educazione dovrà essere assunta sotto l’aspetto di due finalità: la prima la Libertà, la seconda il Dialogo Creativo, affinché, dove venisse a mancare l’obiettività, saranno proprio la liberta e dialogo creativo a restituire all’azione nuove ed ulteriori prospettive.
La natura, a volte, è causa di sofferenze e disperazione. Ma molto di più l’uomo quando a dolore sovrappone altro dolore, alla sofferenza ulteriore sofferenza e al limite altro limite. Eppure, lo stesso, ha il potere di lenire il dolore, calmare la sofferenza e ridurre il limite se, anche solo per un attimo, l’altro non è più l’altro, il diverso no è più diverso e l’handicap diventa di ognuno. Infatti vedere l’uomo di là dall’handicap significa vedere nell’handicap l’uomo, superare il limite che ognuno di noi ha, abile o disabile che sia.
Non essere in grado di vedere ciò, non vuol dire avere un difetto di natura, ma solo aver una distorsione o limitazione, per lo più imputabile all’educazione. Ritornando al pregiudizio è osservabile che qualora sia destrutturato, manifesta uno dei più terribili ed essenziali inganni della nostra ragione, ovvero la volontà di negare il limite intrinseco alla natura umana. Ma cosa significa Limite? Il termine limite deriva dal latino limes o limen, ed ha significati diversi quali ostacolo/confine e soglia/ingresso. Riuscire a vedere oltre l’handicap, abbattendo il muro del pregiudizio porta a scoprire grandi ricchezze di umanità e per l’umanità e, di conseguenza, stimola ad allargare i propri confini mentali, riuscendo a superare l’imbarazzo di guardare, rispondere al saluto, aprirsi al dialogo con un disabile e, inserirsi addirittura in un progetto sociale per sperimentare un modo diverso di vivere, basato nel dare un aiuto a chi ha qualche problema nel fare le cose semplici.
Non bastano né la cultura né lo studio per risolvere simili problemi, che sono più profondi dei livelli culturali e finiscono per diventare fatiche, che si trasformano in disistima, incapacità di porsi autenticamente dentro le relazioni, paura nell’affrontare l’esistenza. Credo che sia questo motivo, ciò che porta “consciamente” molti giovani incontro alla persona che nella propria fisicità porta il limite, per imparare, proprio attraverso la cura del disabile, a prendersi cura di se stessi in modo più profondo e autentico.

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