Come scrive Elda Billi “credo che il pregiudizio si superi tramite la conoscenza diretta delle persone. Infatti una esperienza diretta con la disabilità abbatte le paure di chi non ci aveva mai avuto a che fare prima. In questo modo prende via un processo di “decondizionamento” che smobilita il pregiudizio, cioè il giudizio formulato prima della conoscenza”.
Non bastano infatti le cure farmaceutiche o riabilitative ad aiutare una persona, soprattutto quando il dolore viene dal cuore e dall'anima: indispensabile è l'affetto umano e il dialogo sincero. Il pregiudizio invece è un “peso”, come scrive Lascioli, ingiusto da sopportare per il soggetto passivo.
Il pregiudizio fa male.
Fa male alla persona che ne è vittima e a tutti coloro che le vivono intorno, poiché la sofferenza e l'astio nei confronti del mondo esterno trasudano dalla pelle, infilzano con lo sguardo e oltrepassano la cortina del silenzio. Possiamo giustificare il pregiudizio in mille modi, ricercandone le cause nella passata educazione e/o negli errori cognitivi. In realtà il pregiudizio si affaccia dai nostri sentimenti più profondi e se cerchiamo di combatterlo con la sola ragione, lui sarà sempre pronto a riaffiorare. Il pregiudizio va combattuto nel profondo della propria anima, attraverso una maturazione interiore e il superamento dei propri barbari istinti.